Esempi applicativi del metodo numerico di analisi struttura degli elementi finiti

Il metodo numerico di analisi strutturale denominato Metodo degli elementi finiti è ormai da circa trent’anni utilizzato con soddisfazione nell’analisi strutturale di sistemi biologici o di sistemi bio-meccanici risultanti dall’accoppiamento di dispositivi protesici o implantari a strutture biologiche (protesi articolari, impianti dentali, protesi valvolari…).
In questa parte del capitolo dedicato alla Biomeccanica sono riportati alcuni risultati ottenuti simulando diverse situazioni implantari volte alla riabilitazione parziale o totale dei mascellari.

I modelli realizzati sono i seguenti:
– emimandibola parzialmente edentula nella quale sono stati inseriti, a parità di condizioni geometriche, di vincolo e di carico, per indagare sul differente effetto strutturale risultante sull’osso:
– 3 impianti cosiddetti “osteointegrati” (fig. 7a)
– 3 impianti, di diametro inferiore rispetto ai precedenti, disposti a tripode fra loro solidarizzati (fig. 7b)
– 5 impianti ad ago (fig. 7c)
– porzione di mascella edentula nella quale sono stati inseriti, a parità di condizioni geometriche, di vincolo e di carico:
– 4 impianti cosiddetti “osteointegrati” (fig. 8 a)
– una combinazione di impianti a vite e a staffa resi tra loro solidali (fig. 8 b)
– mandibola completamente edentula protesizzata con overdenture ancorata alla mandibola con:
*2 impianti cosiddetti “osteointegrati” posizionati in zona mentoniera (fig. 9 a)
*4 impianti, di diametro inferiore rispetto ai precedenti, disposti a tripode fra loro solidarizzati (fig. 9 b)

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Figura 7. a) modello di emimandibola parzialmente edentula, b) porzione di emimandibola parzialmente edentula con inseriti 3 impianti cosiddetti “osteointegrati”, c) porzione di emimandibola parzialmente edentula con inseriti 3 impianti disposti a tripode fra loro solidarizzati, d) porzione di emimandibola parzialmente edentula con inseriti 5 impianti ad ago

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Figura 8. a) modello di porzione di mascella edentula con inseriti 4 impianti cosiddetti “osteointegrati”, b) modello di porzione di mascella edentula con inserita una combinazione di impianti a vite e a staffa resi tra loro solidali

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Figura 9. a) mandibola completamente edentula protesizzata con overdenture ancorata con 2 impianti cosiddetti “osteointegrati”, b) mandibola completamente edentula protesizzata con overdenture ancorata con 4 impianti fra loro solidarizzati

In tutti i modelli sono state simulate condizioni di vincolo e di carico paragonabili a situazioni fisiologiche e comunemente adottate nella letteratura scientifica.
In tutti i modelli l’osso è stato distinto, dal punto di vista sia geometrico sia delle caratteristiche meccaniche (modulo di Young, coefficiente di Poisson), in corticale e spongioso.
I risultati delle simulazioni, come di consuetudine in tutte le analisi condotte con questo metodo, sono forniti sia numericamente, mediante tabulati nei quali a ciascun elemento che costituisce il modello, ossia a ciascun “mattoncino virtuale” costituente la struttura numerica, sono associati i moduli, ossia i valori, delle componenti ad esempio di forza, spostamento, tensione e deformazione che risultano in quel particolare elemento dall’applicazione dei carichi e dei vincoli ipotizzati, sia con immagini che illustrano le strutture in esame o parti di esse colorate con diverse tonalità distribuite secondo una logica; i diversi colori infatti corrispondono a diversi intervalli di valori, rispettivamente di forza, spostamento, tensione, deformazione o di altri parametri oggetto di analisi, che sono riportati in una legenda associata all’immagine.
Solitamente in ambito biomeccanico si analizza con particolare attenzione la distribuzione di tensione, sia nelle strutture biologiche per vedere quanto l’accoppiamento con una struttura artificiale (ad es. protesi, impianto) modifica la loro risposta strutturale alle sollecitazioni esterne, sia nelle strutture artificiali per verificarne la capacità di resistenza. L’individuazione in una struttura della distribuzione e della entità delle tensioni è importante in quanto mette in evidenza quali sono le zone più sollecitate e quindi più a rischio di rottura o, nel caso di tessuti biologici, di necrosi o ipertrofia e quali sono le zone meno sollecitate che, nel caso dei tessuti biologici, potrebbero indurre atrofia.
Relativamente agli studi illustrati sopra, in questo capitolo si riassumono i risultati ottenuti e le conclusioni a cui si è giunti; per l’analisi completa dei risultati raggiunti e per un maggior approfondimento si rimanda ai relativi articoli pubblicati [22] [23].
Per quanto riguarda l’emimandibola parzialmente edentula protesizzata con diversi sistemi implantari, nell’analisi dello stato tensionale dei diversi sistemi biomeccanici è stata posta particolare attenzione alla parte superiore dell’osso corticale mandibolare, in quanto è risultata una delle parti maggiormente sollecitate e sono stati confrontati i valori di tensione nelle zone di interfaccia con l’impianto, che l’esperienza indica come maggiormente colpite dal riassorbimento osseo.
Nell’esempio riportato (fig. 10) sono confrontate le tensioni principali sulla superficie superiore dell’osso corticale mandibolare (zona di inserzione degli impianti nell’osso) rispettivamente nel caso di utilizzo degli impianti cosiddetti “ostointegrati” (tradizionali) e degli impianti disposti a tripode tra loro solidarizzati; segue un istogramma riassuntivo (fig. 11) in cui, per ciascuna situazione di carico considerata, sono riportati i valori massimi di compressione riscontrati nell’osso in entrambe le situazioni implantari, con la riduzione percentuale del valore della tensione nella situazione più favorevole.
I valori di tensione riportati nelle figure e nell’istogramma sono espressi in MPa e corrispondono ad una delle tensioni principali ossia a quella indicativa della massima compressione agente nel punto considerato. La scala di colori non è confrontabile in quanto variano gli estremi della scala: il valore negativo indicato in corrispondenza al colore blu è indicativo del massimo valore di tensione principale riscontrato. I valori negativi indicano uno stato di compressione, mentre i valori positivi indicano uno stato di trazione

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Figura 10. Confronto tra sistema biomeccanico con impianti cosiddetti “osteintegrati” ed impianti a tripode tra loro solidarizzati: distribuzione di tensione principale massima sulla superficie superiore dell’osso corticale mandibolare risultante dall’applicazione di un carico di compressione pari a 200 N applicato sul 2° dente protesizzato

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Per quanto riguarda la porzione di mascella edentula protesizzata con diversi sistemi implantari, l’analisi dei risultati è stata effettuata considerando diverse zone: la superficie esterna dell’osso corticale, la superficie di interfaccia tra l’osso corticale e osso trasecolare e le sezioni diametrali di ciascun impianto (fig. 12). Per permettere una visione sintetica è stato riportato l’andamento della sola tensione equivalente di Von Mises, cioè di una tensione indicativa della gravosità dello stato complessivo di sollecitazione

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Figura 12. Distribuzione dello stato tensionale equivalente nelle due tipologie plantare sollecitate da un carico i compressione pari a 40 N

In entrambi i casi le sollecitazioni sono abbastanza bene distribuite interessando comunque tutta la porzione di osso analizzata nonostante il carico fosse localizzato. Vengono raggiunte tensioni che potrebbero provocare la frattura dell’osso solo in punti molto localizzati: la zona di interfaccia tra vite e osso impiantato nel caso degli impianti tradizionali e la zona di interfaccia tra le ‘graffette’ della staffa e osso corticale per il secondo tipo di impianto.
I livelli tensionali raggiunti sono abbastanza simili per le due diverse modalità di intervento, si ravvisano comunque le seguenti differenze: la superficie esterna dell’osso corticale è più caricata nel caso di impianto con staffa in quanto evidentemente le staffe appoggiano direttamente su questa superficie, non vengono comunque raggiunte tensioni ‘pericolose’ grazie al fatto che nel modello la superficie inferiore della staffa copia perfettamente quella dell’osso; l’osso trabecolare è poco caricato in corrispondenza della superficie di interfaccia con l’osso corticale in quanto l’osso corticale, avendo un modulo elastico più elevato, sopporta la maggior parte del carico. Nel caso di impianti con staffa si possono avere concentrazioni di tensione in corrispondenza dei punti in cui le viti, impiantate in modo obliquo, perforano l’osso trabecolare per andarsi ad appoggiare sull’osso corticale; le tensioni rimangono comunque di modesta entità; per quanto riguarda le sezioni, i valori raggiunti dalle tensioni sono simili per le due sezioni estreme, mentre, per quanto riguarda le due sezioni ‘interne’, nel caso di impianti tradizionali si verificano importanti concentrazioni di tensione in corrispondenza dei punti in cui la vite entra nell’osso corticale e similmente nelle zone di discontinuità tra osso corticale originale ed osso impiantato, considerato in questa simulazione, ed in corrispondenza dell’estremità distale della vite.
Infine per quanto riguarda la mandibola completamente edentula protesizzata con overdenture l’obiettivo dello studio è stato quello di confrontare due diversi sistemi implantari di supporto per individuare quale fosse la soluzione migliore dal punto di vista del comportamento biomeccanico del sistema osso-impianto. Particolare attenzione è stata rivolta alla distribuzione di tensione nell’osso, sia corticale sia spongioso, in modo da capire in quale situazione si verificano le condizioni strutturali più favorevoli per l’osso stesso. In figura 13 è riportata la distribuzione di tensione equivalente di Von Mises nei due casi considerati: supporto implantare osteointegrato (Fig. 13 a) e supporto implantare disposto a tripode con impianti solidarizzati (Fig. 13 b). L’analisi delle tensioni di Von Mises ha messo in evidenza che il picchi di tensione si verificano, per entrambe le soluzioni implantari, in corrispondenza dell’impianto che si trova più vicino all’applicazione del carico ipotizzato. Il picco di tensione si verifica in corrispondenza della zona di inserimento dell’impianto nell’osso, nel lato distale.

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Figure 13. a) Tensioni di Von Mises nell’osso corticale: soluzione implantare tradizionale; b) tensioni di Von Mises nell’osso corticale: soluzione implantare con impianti solidarizzati

Il supporto implantare realizzato con quattro impianti solidarizzati, nelle condizioni di vincolo e di carico ipotizzate, ha dimostrato di determinare picchi di tensione nell’osso corticale, in corrispondenza della zona di inserimento dell’impianto più caricato nell’osso, di modulo inferiore del 34% rispetto a quelli determinati, in uguali condizioni di vincolo e carico, da un supporto implantare tradizionale realizzato mediante due impianti. L’applicazione della barra solidarizzatrice degli impianti è risultato incidere sulla riduzione dei picchi di tensione per il 5%. Si sottolinea però che la situazione strutturale simulata è quella di completa osteointegrazione: si ritiene che il suo contributo nella riduzione dei picchi di sollecitazione possa crescere se si considera una condizione di stabilità primaria.

In conclusione, relativamente alle applicazioni sopra illustrate, il metodo di analisi strutturale agli elementi finiti ha dimostrato di essere adeguato nella simulazione di sistemi complessi quali quelli che si vengono a creare nella riabilitazione dei mascellari e di poter contribuire con notevole risparmio di tempo, materiali e costi, rispetto alla sperimentazione clinica, che continua ovviamente a rimanere preziosa e necessaria, allo sviluppo di nuovi sistemi protesici e implantari.