Minerali e metallurgia

I composti ossidati del titanio sono molto diffusi in natura; per l’estrazione si utilizzano però solo il rutilio, che contiene il 93-96% di biossido di titanio, che si estrae negli Stati Uniti, in Canada, Svezia e Norvegia, e l’ilmenite, contenente in generale il 44-70% di biossido di titanio, e si trova in India, Siberia e Australia, anche distribuita come sabbia nera su molte spiagge.
Il processo industriale più diffuso per la preparazione del titanio è il processo Kroll (riduzione di cloruro di titanio, preparato dal rutilio e dall’ilmenite). Una prima operazione di clorurazione del minerale a 800°C porta al tetracloruro di titanio. Questo viene purificato per distillazione e poi ridotto con magnesio o sodio a 900°C in atmosfera di elio. Il metallo così ottenuto è in polvere o fiocchi (spugna di titanio), e deve essere rifuso in un particolare forno elettrico ad arco in atmosfera di argon (metodo VAR, Vacuum Arc Remeltin) per ottenere il lingotto. Dal lingotto si ottengono successivamente i vari prodotti, con lavorazioni tradizionali. Un altro metodo per ricavare il titanio è l’elettrolisi del tetracloruro di titanio. Tuttavia, la notevole quantità di energia necessaria per la trasformazione degli ossidi del titanio, per giungere allo stato metallico, incide in modo notevole sul costo finale.
Dopo il processo di fabbricazione, il titanio deve essere processato:
• Nella pulizia di superficie;
• Con la passivazione chimica;
• Sterilizzazione.

Le specifiche ASTM per il trattamento finale degli impianti prevedono l’immersione in sali fusi a base alcalina seguiti da mordenzatura con una soluzione di acido nitrico e fluoridrico. L’intenzione è quella di eliminare contaminanti quali il ferro, che demineralizzano la matrice ossea.
Altri procedimenti possono essere utilizzati, quali la sabbiatura (Corindone) o il processo ionico, il trattamento a laser, con relativi vantaggi e svantaggi.
La sterilizzazione finale viene oggi effettuata ai raggi gamma, e la maggior parte dei produttori consegna gli impianti assemblati in provette sterili. Questo metodo rappresenta un comodo e vantaggioso sistema.
Oggi i depositi proteici, il film di tracce organiche e di inquinamento possono essere trattati al meglio con la radiofrequenza.
Il recupero diretto di un impianto e l’autogestione del ciclo di sterilizzazione può essere fatto al meglio con un protocollo per sterilizzazione con ultravioletti, con grande efficacia sulle spore e i contaminanti biologici.